Spesso i cubetti di porfido vengono impropriamente confusi con i sampietrini romani e viceversa.

Se pur entrambe di origine magmatica effusiva, si tratta di rocce differenti non solo per composizione petrografica mineralogica, ma anche per tipologie produttive e formati che non hanno nulla in comune tra loro.

In particolare il sampietrino, detto selcio, è un blocchetto di selce (leucitite) storicamente estratto in passato nelle cave dei Colli Albani e definito in questo modo anche per richiamare la famosissima pavimentazione di Piazza San Pietro a Roma. Il sampietrino, oggi rinvenibile solo di recupero, veniva prodotto manualmente con una testa quadrata e forma tronco conica in 3 principali dimensioni:

  cm 12 x 12 e altezza cm 18 – ovvero la tipologia più conosciuta e diffusa;
– cm 12 x 12 e altezza cm 6;
– cm 6 x 6 e altezza cm 6 – questi ultimi molto rari ma presenti ad esempio in Piazza Navona.

 

 

Il cubetto di porfido è invece il blocchetto ottenuto da lastre grezze di porfido stratificato del Trentino, che sono caratterizzate da un’inconfondibile planarità naturale della faccia superiore ed inferiore, e che pertanto consentono di realizzare il cubetto attraverso lo spacco meccanico e la lavorazione delle sole quattro facce che costituiscono i lati.

I cubetti di porfido vengono prodotti in molteplici formati, tra i quali si segnalano le tipologie cm 4/6; 6/8; 8/10; 10/12. L’indicazione in centimetri indica la possibile variazione contemporaneamente di tutte e tre le dimensioni del cubo, ovvero le due in pianta oltre a quella che rappresenta l’altezza o spessore.

I cubetti di porfido vengono realizzati anche a testa quadra in dimensioni cm 10×10 e altezza 4/6 cm; cm 10×10 e altezza cm 6/8 e infine cm 10×10 e altezza 8/10 cm.

 

 

In conclusione le differenze tra sampietrini e cubetti di porfido sono palesi. Questo non significa che le due pietre non possano convivere nella medesima pavimentazione e valorizzarsi reciprocamente. Il Tempio di Roma ne è una piacevolissima conferma.